Il dizionario spiega che la vergogna rappresenta il bisogno umano di appartenenza. Eppure, in un’epoca in cui si parla tanto di non sapere chi siamo e cosa desideriamo, provare vergogna sembra diventata una sconosciuta. Un fenomeno relegato ai bambini che si nascondono dietro la gonna della mamma, provando vergogna enorme. Come se, crescendo, vergognarsi diventasse solo un piccolo incidente di percorso.
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ToggleCome se non ci fosse più bisogno di soffermarsi sulle cattiverie quotidiane. Meglio lasciar perdere. Tanto, ci soffermiamo per un giorno al massimo, perché un nuovo atto di cui vergognarsi è già alla porta.
Provare vergogna
Non sappiamo dove collocarci, chi siamo, cosa vogliamo essere e, soprattutto, cerchiamo il benessere continuo. Questa ricerca di benessere costante può anestetizzare la nostra capacità di provare vergogna, perché ogni emozione scomoda viene rapidamente soffocata. Un commento fuori luogo, una parola maldestra o un piccolo torto rischiano di essere rimossi dalla nostra coscienza, invece di spingerci a una riflessione costruttiva. Tutto ciò che lo disturba va spazzato via. Evitiamo come la peste ciò che ci provoca scontentezza, luoghi sgraditi o persone scomode.

Così ci richiudiamo nel nostro mondo perfetto, quello che non ci fa provare vergogna, senza fermarci a riflettere se qualcosa si potrebbe migliorare in noi o tramite noi. Tutti abbiamo vissuto episodi di cui ci siamo vergognati, magari solo dopo una riflessione. A volte possiamo riparare, se vogliamo. Altre volte ci ritiriamo nel mondo della lettura, della meditazione, della musica e della natura. Queste attività sono preziose, ma vanno dosate con equilibrio. Se fatte tutte insieme, rischiamo di non concludere nulla e di isolarci.
Non sappiamo più socializzare e siamo diventati incapaci di chiedere scusa.
Una Vergogna enorme per una solitudine
Gli esseri umani, pur avendo lati buoni, sanno essere molto cattivi. Sempre più spesso preferiamo rimanere soli piuttosto che subire vergogna. Chi è arrogante non si accorge nemmeno di averla provocata, mentre chi è sensibile si vergogna anche per gli errori altrui. Ad esempio, quando qualcuno alza la voce in pubblico per criticare un cameriere, la persona sensibile abbassa lo sguardo e si sente in imbarazzo, come se fosse stata lei a mancare di rispetto. Più lo sfogo è grande, più probabilmente stiamo coprendo qualcosa che ci riguarda da vicino.
Essere ipercritici con noi stessi ci porta a trovare colpe che non ci appartengono. Ci chiediamo: “Sarò io la sbagliata? È colpa mia se gli altri mi considerano inadeguata?” L’altro, ignaro della propria esagerazione, mina la nostra autostima. Preferiamo lasciar perdere piuttosto che diventare bersagli del giudizio. Così facendo, però, non sviluppiamo gli anticorpi contro le persone prepotenti e rischiamo di scivolare nella solitudine e nella depressione.

Comprendere le vittime
La mancanza di esperienza sociale rende difficile comprendere le vittime. Leggere libri, passeggiare nella natura o ascoltare musica non ci protegge dai conflitti, ma può comunque contribuire a sviluppare resilienza emotiva, aiutandoci a elaborare le esperienze e a ritrovare equilibrio interiore. I prepotenti si rifugiano in gruppi di simili, creando una vergogna collettiva.
La teoria è importante, ma la realtà si prova. La mancanza di esperienza reale ci priva della fiducia in noi stessi e della capacità di reagire alla violenza verbale. L’incredulità ci paralizza, lasciando agli altri carta bianca per soddisfare i loro bisogni di stima mancata. Chi si comporta così copre le proprie paure, senza provare vergogna.
“Perché non riesco a rispondere, a reagire?” È una domanda che ci poniamo a qualsiasi età. La vergogna della vittima è sempre la stessa: imbarazzo, timidezza, senso di colpa.
Nel mondo ideale
Il grado di colpa si misura in base al danno arrecato, mentre la vergogna indica il danno che arrechiamo a noi stessi. Posso vergognarmi prima ancora di commettere un errore? Solo chi prova rimorso ed è disposto ad assumersi le proprie responsabilità può riuscirci. Questo accade tra persone che ragionano, si confrontano e costruiscono legami sociali.
A differenza dell’imbarazzo, che coinvolge la società, la vergogna può essere provata anche per pensieri o azioni che nessuno conosce. Può scaturire dal parlare in pubblico, dal mostrarsi vulnerabili o dal sentirsi inadeguati. La vergogna può essere repressa (“non vergognarti!”) o risvegliata (“vergognati!”)

Rossa emozione, l’espressione del volto
Saper provare vergogna è motivo di orgoglio. Anche quando ci invade il rossore in viso, significa essere sensibili e misurati nei rapporti con gli altri. Non è necessario sfogarsi pubblicamente, ma è importante saperlo fare.
La vergogna ha un valore empatico: ci aiuta a comprendere i diversi, a riconoscere le scorrettezze e a proteggerci. “Non sono io che ho sbagliato, è l’altra persona che si sta comportando scorrettamente. Se non lo capisce, devo proteggere me stessa.”
La vergogna, quando ascoltata, può renderci più umani e gentili.
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AUTORE

Veronica Petinardi – articoli, narrativa e manuali sul sito Parole di legami. Parole in italiano, ceco, inglese, russo. “Sulla mia pelle” e “Rosso sangue”.