Passione per l'Italia, cibo e parole

Quando ti prende una passione, a vent’anni, non ci rifletti molto. Vuoi solo prendere e
partire. Non fai molti programmi, non pianifichi oltre il necessario, perché la vita che hai
davanti la vedi bella lunga. Non fai calcoli ponderati.
Io avevo vent’anni e dovevo trasferirmi, seguire la mia passione per l’Italia.
Per prendere quella decisione, avevo tutte le informazioni di cui avevo bisogno. Andavo al
cinema e divoravo i film italiani, osservavo il blu dei jeans camminare per la città e mi
chiedevo in quante altre tonalità esistessero. Ascoltavo le canzoni in lingua italiana, che
stavo imparando e trovavo melodiosa. Come guida turistica, potevo far conoscere la mia
città anche agli italiani e i loro racconti mi rimanevano impressi. La cucina italiana era
l’argomento preferito e, quando potevo, andavo nella gastronomia in centro a comprarmi
le scatolette con le vongole in salsa di pomodoro.

Chi dei miei connazionali era tornato dall’Italia, portava descrizioni così entusiaste che
confermavano la mia necessità di partire. In famiglia dicevano che avevo un carattere
italianizzato, e anche se in realtà significava avere un caratteraccio a me non importava. Io
dovevo arrivarci!
Quando finalmente c’ero riuscita, le mie aspettative erano state superate dalla realtà.
Facevo fatica a scegliere i jeans per il colore, che cambiava tonalità sugli scaffali a perdita
d’occhio. Non avrei mai immaginato che potessero esistere così tanti blu!
Il colore mi conquistava ovunque. Il cielo era così chiaro e luminoso, le acque brillavano
sulla superficie dei fiumi e dei laghi, svelando nelle loro profondità un verde meraviglioso.
Le bancarelle di frutta colorata mi attiravano nei mercati chiassosi, con una quantità di
merce per me incredibile. Il giorno durava più a lungo e il cinema offriva proiezioni
contemporanee.
E il mare? Quanto avevo aspettato quel momento di poter vivere in un paese che ha il
mare! Il primo incontro è stato stupendo. Il sole stava per calare, specchiava un arancione
intenso sulla superficie grigia e non importava che mi ricordasse il mio paese d’origine,
così cupo durante i miei vent’anni. Ora ero in Italia e avevo il mare davanti a me,
realmente, con il suo profumo e la composizione musicale delle onde. Acqua senza confini.
Stavo seduta sulla spiaggia e traboccavo di felicità.
E non era ancora tutto.

Passione per il cibo italiano

Il cibo e il bere italiani non hanno eguali al mondo. Senza doverlo giustificare, è una realtà.
Oltre al gusto, è sempre presente il senso estetico, senza dover ribadire che le materie
prime sono ottime. Così come tutta l’atmosfera che si crea attorno. Percepirla come un
privilegio è stato facile. Sono passata dal gusto delle vongole nella scatoletta a quelle
pescate in giornata!

Passione per l'Italia

Potrei raccontare un mare di esperienze che ho vissuto nel mio primo anno in Italia. Ero
costantemente affascinata dalle emozioni che scoprivo di avere. Anche gli italiani
sembravano sorpresi da me. Suscitavo curiosità, perché non erano abituati a chi veniva da
un paese in mezzo all’Europa. Erano molto cordiali e allegri, ma per loro era come se fossi
arrivata dall’altra parte del mondo. Facevano molte domande, ridevano e scherzavano. Per
me gesticolavano molto ma trovavo sempre un’eleganza, uno stile nel loro modo di
comportarsi. Ero attratta dalle loro parole; il loro linguaggio era come un fiume in piena
che gentilmente si adattava al mio ruscello di lingua appena iniziato a fluire.

Si mangiava tantissimo e si beveva abbondantemente. Che quantità e varietà di portate si
può esplorare in un solo anno? Ci si perde nella curiosità alla scoperta di nuovi sapori.
Anche il vino lo trovavo diverso, né brusco e neanche dolcissimo, equilibrato. Le mamme
casalinghe offrivano liquori in piccoli bicchierini alla fine dei pasti. E il caffè italiano, così
piccolo ma così forte! Anche i pasticcini erano piccoli ma ne esistevano tanti, dai gusti
diversissimi. E poi sono arrivati i cannoli, così grandi, che mi ricordavano le torte gustate
nei caffè di Praga. Invece di abbondante panna o crema, erano ripieni di una deliziosa
crema di ricotta; la morbidezza avvolta dalla croccantezza.

Passione per le parole

Il mio primo anno in un nuovo paese era trascorso velocemente, come una vacanza.
Assorbivo nuove esperienze ed esternavo le mie sensazioni. Mi adattavo al mio nuovo
ambiente e sperimentavo emozioni diverse. Tutto era interessante, dall’arte che mi lasciava
senza fiato ai modi espansivi e socievoli delle persone. Ogni giorno imparavo nuove
parole, in ogni momento le incontravo: nei giornali, nella pubblicità, nei mezzi pubblici, al
cinema, nei negozi, al mercato, a casa e al lavoro. Domande, risposte e ancora domande.
Un susseguirsi incessante di parole italiane. Era come stare in un’aula senza poter fare
l’intervallo.
«Hai qualcosa? Ti senti bene?» mi chiedevano al lavoro. In effetti, mi sentivo stanca. Avevo
forti mal di testa e credevo che il mio cervello stesse reagendo a tutti i cambiamenti che si
stavano realizzando nella mia vita. Pensavo che la nuova lingua, sebbene bellissima, fosse
un po’ troppo intensa per la mia mente, come pallottole o fuochi d’artificio che duravano
da giorni.
«È solo un mal di testa, passerà,» rispondevo sperando che fosse così, ma
purtroppo i sintomi si aggravavano. Il mal di testa si accompagnava alla nausea e a
dolorosi crampi addominali. Non mi rimaneva che consultare un medico.
Al tempo, non ero pratica dei termini medici specifici. Il medico mi aveva prescritto una
radiografia e mi aveva consigliato di riportargliela al più presto, il che mi aveva
preoccupato.
«Sarà colpa del cibo,» suggerì un’amica.
«Come può essere colpa del cibo italiano?» chiesi incredula. L’amica mi spiegò: «Non del
nostro cibo, del tuo!» Faticavo a capire. Ormai ero in Italia da un anno, come potevo stare
male per qualcosa che avevo ingerito tanto tempo prima? Dopo aver cercato la diagnosi
del medico nel dizionario, scoprii di avere i calcoli alla cistifellea. Una condizione piuttosto
comune in Cechia, causata non solo dal cibo ma anche dall’abitudine a bere. In Cechia si
beve, molto, ovunque e per ogni occasione. Ma ora ero in Italia e avevo adottato uno stile
di vita molto diverso.

Passione per l'Italia

Purtroppo la radiografia confermava la diagnosi, quindi dovevo andare in ospedale, farmi
addormentare e tagliare la pancia. Come al lupo di Cappuccetto Rosso. Quando mi
svegliai, infatti, trovai un contenitore di vetro con sette “sassi” belli grossi. Dovevano
essersi formati nel corso degli anni.
Seguire una dieta prima dell’intervento fu inevitabile, e dovetti continuare a farlo anche
dopo. È stata la mia prima vera pianificazione. Dal togliere tutto quello che era così buono
e si aveva a portata di mano, al consumare cibo salutare, preparato in casa. Il tempo in
ospedale e poi a casa ai fornelli fu un’altra lezione. Imparai a trovare un equilibrio tra il
silenzio e il rumore. Le visite non mancavano ma notai quanto tutti si muovessero e
parlassero con attenzione, come se fossi di porcellana. Anche se il cibo dietetico porta un
aggettivo sgradito per me restava sempre cibo italiano e allargava l’orizzonte, perché
io trovavo buono pure quello dell’ospedale. In quel periodo potei riflettere e
tranquillizzare la mia mente, stava arrivando un anno nuovo.

Passione per l’Italia

I calcoli approssimativi sul mio trasferimento in Italia si erano scontrati con i macigni che
portavo dentro di me. Si può essere predisposti geneticamente e ci si può arrivare con un
regime alimentare smoderato, creando degli scompensi nella propria salute. Così come si
possono tenere bloccate dentro di sé le emozioni. Che sia stato per un solo motivo o per
tutti insieme, i calcoli, piccoli o grandi che siano, quando si mettono in movimento, fanno
tanto male.

Passione per l'Italia

Sono passati molti anni da quando ho lasciato un paese poco colorato, impegnato a
mantenere espressioni pacate. Tanto tempo da quando ho scoperto di avere un fuoco
dentro di me che non poteva trovare spazio dove sono nata. Ho seguito la mia passione e
ho trovato il mio equilibrio con i modi e lo stile nel vivere i contrasti, all’italiana. Tra fare
calcoli e non farli affatto. Liberare le curiosità e sistemarle, essere creativa in un gran caos.
Trovare uno stile ed essere disposta all’altruismo.
Quasi un’italiana, conservando alcune stranezze del mio paese d’origine.

Gli italiani sono spesso oggetto di critiche, ma la loro terra è così affascinante e il loro
modo di essere è così vitale, colorato, caloroso, gustoso, eccitante e stiloso. Unico. Credo
sia come per le rose: anche se hanno le spine, continuano a emanare profumo.
Sono grata per le esperienze e le lezioni che ho imparato vivendo in Italia. Ho scoperto la
bellezza della cultura italiana, l’importanza della lingua e della comunicazione, e ho
imparato a gestire le sfide che la vita mi ha presentato. Nonostante i momenti difficili e
lasciandomi guidare dalla mia passione per l’Italia, sono diventata una persona più forte.

Altri racconti:

Link esterno:
Frame92

Categorie: Storytelling
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