Sei un cavallo

“Ma tu sei un cavallo” è un’espressione idiomatica della lingua ceca. L’ho risentita dopo tanto tempo: mi ricordava di questo detto, ma non riuscivo a ricordare il suo significato preciso.

All’inizio, avevo associato il cavallo ai paraocchi, immaginando che potesse riferirsi a una condizione di concentrazione forzata e a un comportamento mirato, quasi come se il cavallo potesse concentrarsi solo sull’andare avanti, senza distrazioni. Tuttavia, questa interpretazione mi sembrava riduttiva. Dire “sei un cavallo” significa forse vedere la persona come qualcuno di obbediente, addestrato a seguire ordini? Ma il cavallo, penso, è molto più di questo.

Sei un cavallo

Il cavallo è simbolo di bellezza, velocità, potenza sessuale, fertilità e molto altro. Nell’antichità era visto come guida divina e incarnazione della vita in movimento. In Grecia, i cavalli trainavano il carro di Apollo, dio del sole, mentre per Poseidone, dio dei mari, rappresentavano la furia delle tempeste.

Anche Re Riccardo, che in Shakespeare offrì un cavallo in cambio del suo regno, ne illustrava così l’importanza: un cavallo senza cavaliere è pur sempre un cavallo, ma un cavaliere senza cavallo è solo un uomo, anche se porta una corona. Così abbiamo anche espressioni come “scommettere sul cavallo sbagliato” o parlare del proprio “cavallo di battaglia”.

Il cavallo nelle espressioni ceche

In Cechia, anche oggetti quotidiani portano il nome di “cavallo”. Ad esempio, “cavallo” è chiamata la pinzatrice, perché si dice che “cucia” i documenti in modo veloce ed efficiente. Anche in sartoria, le strisce di tessuto rimaste dopo il taglio sono chiamate “cavalli” di stoffa.

Dire di una persona che è “cavallo” è un modo curioso di esprimersi. Si dice ad esempio: “Sto sfacchinando come un cavallo” oppure, di fronte a un problema complicato, si sente dire “lascialo al cavallo”, sottintendendo che ha una “testa più grande” per affrontarlo. L’espressione “sono sul cavallo” indica invece di essere in vantaggio.

Ma tu sei un cavallo!

Ma nonostante tutti questi modi di dire, l’esclamazione “Tu sei proprio un cavallo” resta difficile da interpretare: perché un essere umano dovrebbe paragonare un altro a un cavallo? Ne riconosce forse l’utilità? Sarà forse un complimento?

Certe cose non si dovrebbero dire

Alcuni riferimenti al cavallo non sono lusinghieri, come quando si parla dei “denti da cavallo”: una caratteristica che non è il massimo da sottolineare. Di fatto, si dice di non guardare mai i denti di un cavallo, specie se è un dono, perché si presume che un regalo sia accettato a prescindere dal suo stato, proprio come un cavallo anziano potrebbe avere una dentatura non perfetta.

Confronto tra uomo e cavallo

Un cavallo ha anche dei difetti, e forse per questo viene paragonato all’uomo in molte culture. In Mongolia, ad esempio, si dice che “l’uomo avido ha una lunga strada per arrivare agli amici, mentre il cavallo pigro ha una strada lunga ovunque vada”. Un detto afgano dice che il cavallo conquista la sua fama con gli zoccoli, mentre l’uomo con la lingua.

Ma tu sei un cavallo!

Anche il filosofo greco Plutarco teorizzava su chi può imparare a cavalcare: per lui, i ricchi hanno una sola possibilità di imparare qualcosa veramente bene, e quella è andare a cavallo, perché, diversamente dai maestri umani che possono essere indulgenti, il cavallo non fa distinzioni di classe e disarciona chiunque non sappia guidarlo.

Ma tu sei un cavallo

La frase contiene però il “ma” avversativo, che la distingue da una semplice esclamazione. Senza quel “ma”, potrebbe anche essere interpretata come un complimento, persino affettuoso, da parte di qualcuno che apprezza le qualità positive del cavallo. Ma il “ma” rivela un’altra intenzione: in ceco, con questa espressione, una persona vuole sottolineare il disprezzo per chi considera limitato, sbadato o poco parsimonioso.

In fondo, chi conosce davvero i cavalli sa che non sempre sono docili. A volte si ribellano, scalpitano, si imbizzarriscono, difendendosi con gli zoccoli. Anche alcune persone si comportano così, esprimendo la propria frustrazione con la violenza verbale o fisica.

Ma perché

Ma tu sei un cavallo!

Cavalli e uomini hanno più in comune di quanto sembri. Tuttavia, spesso gli uomini non comprendono certi comportamenti, sia degli animali che dei loro simili. Come ho accennato all’inizio, si utilizzano paraocchi, paraorecchie e persino mascherine per impedire al cavallo di distrarsi, spaventarsi o reagire ai rumori e agli odori.

Non sempre un cavallo ha lo stesso proprietario per tutta la vita, e non tutti si comportano con lui con rispetto. Alcuni ricorrono ancora alla frusta, senza domandarsi se ci sia qualcosa che non va. È una forma di educazione frammentaria, simile a quella di un bambino che cresce in un ambiente violento o instabile, senza riferimenti fissi.

Conclusione

A un certo punto anche il cavallo si ribella, assumendo comportamenti che possono sembrare incomprensibili. E quando un uomo fa lo stesso, stremato dalle pressioni esterne, lo si liquida con un: “Ma tu sei un cavallo!” Ma forse sarebbe più costruttivo chiedere: “Che ti prende?”

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Categorie: Italiano ceco
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