Il passato ritorna. Una certa prepotenza umana che non cambia, la storia si ripete e i ricordi riaffiorano quando meno te lo aspetti.
Ho fatto il giro sulle montagne russe solo una volta nella mia vita, quel tipo di adrenalina non fa per me. Sarà che senza rendermene conto di giri sulle montagne russe ne ho fatti anche troppi.
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Che mi sta succedendo?
«Non lo so», era stata la mia prima risposta a chi si preoccupava di che cosa mi stesse succedendo. Sono stata sopraffatta dai miei sentimenti fino a piangere. Singhiozzavo, era il 24 febbraio 2022, stavo in piedi con le lacrime agli occhi e non riuscivo a smettere. Certe emozioni non le puoi trattenere.
Dovevo dare una spiegazione per la mia reazione, ma non era facile. Ricevevo i colpi dal passato e non sapevo come rispondere nonostante il mio corpo fosse pieno di rabbia. O forse paura? Qualcosa di sepolto nel profondo dei miei ricordi stava risalendo. Qualcosa che pensavo rimanesse dimenticato. Purtroppo quel giorno del 24 febbraio è venuto a galla. Era successo solo un giorno dopo che mio amico mi aveva avvisato: «Guarda, se non domani, tempo di una settimana e la Russia invaderà l’Ucraina.»
Quella tempistica del giorno dopo mi fece piangere, oppure sono stati le vertigini della mia infanzia?
Il passato ritorna
Sfido chiunque a non voler lasciar dormire la parte brutta del proprio passato. Purtroppo, il passato ritorna, è un intruso che si presenta, quando non sei o non vuoi essere pronta. Il mio passato stava arrivando da quella parte dell’Europa e si faceva sentire come fosse dietro l’angolo.
Sembravano appena mille chilometri che mi separano da dove sono vissuta nei dettami da un altro paese, con il quale il mio paese natio (all’epoca la Cecoslovacchia), aveva stretto un legame sigillato dal sangue versato, per la nostra salvezza e quella futura.
La paura della guerra stava sui banchi di scuola. L’educazione socialista teneva a mantenere vivo lo spetro della distruzione per poter continuare a glorificare una pace ottenuta grazie a i nostri salvatori.
Vivevo dentro una propaganda russofila, accettata e portata avanti dai potenti del mio paese, coloro che hanno preferito continuare a flettere la guerra che io non potevo conoscere. La mia paura era ferma sopra un precipizio. Temevo una discesa rapida, un pericolo di caduta, una slittata veloce.
Che cosa dovevo fare, che potevo pensare
Certo che non desideravo la guerra, volevo solo poter guardare il mio futuro senza il continuo ricordo del sangue altrui versato per me. Non l’ho mai visto, quel sangue, né mai lo volevo, ma non potevo, avere fede in qualcosa che non si era mai visto e tanto meno potevo volgere lo sguardo verso occidente, perché era la personificazione del continuo pericolo per la mia incolumità.
Quando imponi ad un giovane di non fare qualcosa, puoi stare certo che appeno ci riuscirà, lo farà. Specialmente se le tue motivazioni sono vaghe e la giovane in questione si sente bloccata dai passaggi delle “montagne russe”.
Di quel così pericoloso occidente non sapevo nulla e fino ad adesso ci sono sopravvissuta per decenni, anche con le mie vertigini.
La notizia dell’invasione dell’Ucraina mi ha collegata con tutto questo e mi ha riportata direttamente ai ricordi dell’agosto 1968.
Il Patto di Varsavia
All’epoca dell’invasione nel1968 sono arrivati i compari dell’allora “Patto di Varsavia“, vennero a “salvarci” . Ci sono stati i polacchi, gli ungheresi, i tedeschi dell’est. Gli unici che si sono rifiutati erano i rumeni e gli albanesi. Tutti gli altri a servire il grande fratello sovietico, compresi gli ucraini.
Non era solo la riconferma della già sconveniente posizione geografica, per la quale il mio paese era stato ammesso al blocco sovietico dopo la Seconda guerra mondiale. Negli anni a venire, dopo l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, proseguì l’incubo del regime fino al 1989, quando sempre in piazza Venceslao proclamarono la fine del comunismo e di conseguenza fine della dipendenza dalla Russia.
Sono passati anni in cui altri paesi dell’ex Unione Sovietica si sono staccati dal dominio russo, formando le organizzazioni cooperative contro gli interventi arbitrari o abusivi, soprattutto contro il “grande fratello”. Tuttavia, l’Ucraina è stata invasa e si teme che l’ombra dello spettro della “cortina di ferro” sia riapparso sull’Europa.
Invasione della Cecoslovacchia
«Sai il 21 agosto del 1968, quando i carri armati sono arrivati, cavalcati dai nostri “fratelli” dell’Unione Sovietica, i primi erano quelli dell’attuale Ucraina!» Questa è stata la mia prima frase di senso compiuto, quando ho smesso di singhiozzare sui ricordi crudeli tornati a me, a Torino, rendendomi confusa su cosa pensare, e così lasciavo scorrere i miei ricordi.
Ero piccola, in un letto insieme a mia sorella più grande che ha vissuto l’alba del 21 agosto del 1968 molto più intensamente. Abitavamo poco distanti da piazza Venceslao di Praga. Le finestre tremavano per lo spostamento dell’aria insieme al forte rumore dovuto ad ogni passaggio di mezzi pesanti sui ciottolati di pietra che rivestivano la pavimentazione della strada.
Mia sorella ricordava nostra madre che ci copriva con la coperta di piumino invernale, il 21 agosto, e che altro poteva fare?
Da grandi questo suo gesto ci ha fatto ridere. Oramai i carri armati si sono ritirati con la loro gloria e noi ci scherzavamo sopra per non piangere sul nostro mondo che poteva diventare migliore.
Storia ceca della rassegnazione
Io non potevo andare in piazza, vedere con i miei occhi come avvenisse l’annientamento di chi sperava nell’allentamento del regime totalitario. Poi ho saputo che noi non eravamo altro che vassalli del Cremlino, che avevamo stretto un patto con la Grande Russia e dovevamo rimanere ubbidienti e conformati alla grande occasione comunista.
1968: L’invasione
I primi soldati arrivati nel 1968 erano giovani e inesperti, convinti di partecipare a un’esercitazione. La popolazione cercava di dialogare con loro, ma invano. I russi, affamati e sporchi, seguivano gli ordini senza comprendere appieno la situazione. La repressione iniziò con i colpi sparati contro l’edificio della radio, seguiti dalle sparatorie sulla folla. Nonostante gli sforzi per comunicare con l’Occidente, il paese rimase isolato e sotto la stretta del Patto di Varsavia.
1968: La resistenza
C’è stata una resistenza popolare, le “2000 parole” dedicate ai cittadini, contadini, operai e intellettuali, artisti e sportivi con le richieste ai politi e tutta la popolazione, un documento scritto su iniziativa degli scienziati. Conteneva un’analisi dell’inizio della democratizzazione con la finalità di un dialogo.
In risposta c’è stata una repressione massiccia verso chi non era d’accordo con il sistema del ripristino politico secondo i parametri del partito comunista russo.
E poi, per far scuotere tutti, ci fu un gesto, l’ultimo, di Jan Palach.
1969: Normalizzazione e Controllo
Segui la “normalizzazione” politica. Il regime controllava rigidamente l’opinione pubblica e perseguitava chiunque osasse esprimere opinioni contrarie. La libertà era soffocata e la popolazione viveva in uno stato di rassegnazione, sperando in un futuro cambiamento.
Fuga dal passato
Da questo sono andata via. O meglio, da quello che non capivo e quello che ne seguì.
So che volevo un paese dove si viveva diversamente e dove solo avrei potuto capire perché le vite sono state costruite su un modello dove sopra di tutti si ostentava la gioia dei vincitori, che di nuovo ci avevano messo al sicuro. Questa volta dal nostro sciocco desiderio nel progredire con le idee sul “volto del socialismo umano” (il progetto di mantenere il sistema economico collettivista affiancandovi una maggiore libertà politica, di stampa e di espressione.)
Perché il paese si era frammentato, perché tanti dopo il 1968 se ne sono andati e perché quella enorme rassegnazione avrebbe sovrastato l’intero paese?
Riflessioni sulla Russia
La mentalità russa e la propaganda
I russi hanno sempre percepito la loro grandezza e superiorità, radicate nella loro storia e propaganda. Ritengono di aver salvato molte nazioni e meritano rispetto e gratitudine. Tuttavia, la loro prepotenza e volontà di controllo sono evidenti nelle loro azioni. Nonostante il crollo dell’Unione Sovietica, la mentalità non è cambiata.
Parte della mentalità russa è il desidero di imperialismo e quindi oltre ad essere uno stato autoritario, la Russia continua a interferire nelle politiche di altre nazioni e a usare la forza per raggiungere i propri obiettivi. Per questo la paura che una nuova cortina di ferro possa sorgere è reale e minaccia la stabilità europea.
Di fatto, la Russia è lo stato più esteso al mondo. Con una superficie di 17.098.242 km2 e la popolazione di circa 140 milioni di abitanti. Non c’è da meravigliarsi che facciano una distinzione tra “essere dentro oppure fuori”. Questo continuo alimentare il senso della propria grandezza si riflette al contrario nel tenere poca importanza verso di chi è fuori dal territorio dell’appartenenza russa.
Confronto con la situazione contemporanea in Ucraina
Probabilmente non accadrà la stessa cosa all’Ucraina, territorio per il quale Russia ha una considerazione maggiore. Perdere l’Ucraina equivale a una perdita di prestigio. Putin ha sottovalutato l’Occidente e la sua risposta determinata, e la guerra si sta protraendo.
Perdere la guerra potrebbe innescare la disintegrazione della Russia con la necessità della riformulazione del sistema geopolitico. E se da una parte si teme di una nuova cortina di ferro, dal altra parte non si sa se desiderare il crollo della Russia, perché molti stati sarebbero coinvolti in un gioco che non gli interessa.
Milan Kundera – L’insostenibile leggerezza dell’essere«La pesantezza, la necessità e il valore sono tre concetti intimamente legati tra loro: solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore.».
Le opinioni di figure politiche
Vaclav Havel e Angela Merkel sono due politici che rappresentano esempi di come sia stata gestita la Russia dopo il crollo dell’Impero Sovietico negli anni Novanta, con la conseguente caduta del sistema economico, e poi la gestione di Putin, colui che è salito al trono del Cremlino direttamente dai servizi segreti. Si dice sia questa la causa della sua diffidenza e aggressività, ma anche l’abilità nel manovrare.
Vaclav Havel, ex presidente ceco, ha sempre sostenuto la libertà e i diritti umani. Era contrario all’invasione sovietica e credeva che ogni nazione avesse il diritto di determinare il proprio destino senza interferenze esterne. Fu un sceneggiatore ceco che venne imprigionato per le sue idee durante il regime.
Angela Merkel è cresciuta nella DDR, Germania dell’Est, sentendo l’odore della Stasi a causa della professione di pastore del padre. Chi altro poteva capire Putin se non lei? “Per anni ha gestito “quell’autocrate russo” (Cit. libro: L’inattesa di Tonia Mastrobuoni).
I ricordi da piangere
Le previsioni, le preoccupazioni si sono avverate e in Ucraina si combatte. Si continua ad alimentare la massa di persone con la storia del “gene della vittoria” appartenente da sempre all’uomo russo. Putin vuole sempre le stesse cose: avere la sicurezza di non essere minacciato dal suo vicino, poter ampliare la sua sfera di influenza, conquistando e riconquistando i territori. Anche riscrivere la storia. Ma soprattutto, vuole mantenere il potere sulla popolazione ed essere riconosciuto come la potenza mondiale.
Io piangevo sulla invasione della Ucraina e la collegavo con l’invasione della Cecoslovacchia. Di come ucraini sono arrivati alla fine della Seconda guerra mondiale in Cechia come i salvatori e ritornati per l’invasione del 1968. Oggi si parla di cechi insieme agli ucraini che combattono l’invasione dei russi.
Il passato ritorna, un legame con eventi o emozioni del passato che riemergono. Le montagne russe con il loro alti e bassi evocano un senso di emozioni intense e variabili.
Ho vissuto l’invasione della Cecoslovacchia e ho visto le conseguenze della sottomissione alla Russia. La mia paura è che la storia si ripeta e che altre nazioni debbano subire lo stesso destino. Si può pensare di dimenticare il passato, godersi il presente e guardare solo al futuro. Oppure, non fare finta di niente e ricordare, perché il passato aiuta a comprendere il presente.
Le montagne russe
Le montagne russe sono nate come i giri sulla slitta sulle piste ghiacciate con sbalzi veloci tra altezze create nei percorsi. Questo percorso ghiacciato si era trasformato in una struttura di legno chiamata “treno di montagna” ed è divenuto un’attrazione dei luna park.
A Praga, nella mia infanzia, cadeva tanta neve ovunque e lo slittino si utilizzava in diversi parchi. Anche vicino a casa nostra c’era uno così, con un percorso lungo e ripido. Solo una volta il mio padre mi ci ha portato a fare lo slittino e non mi era piaciuto. Qualche anno dopo mi portò a luna park a fare il giro sulle montagne russe, chiamate “pista della montagna”, in ceco; horská dráha. Stavo di nuovo male. Ho capito che le altezze non fanno per me, non guardo giù neanche dal balcone. Sono più una persona terra a terra.
Questa esperienza mi ha insegnato che, proprio come non mi piacevano le montagne russe, non mi piacevano nemmeno gli alti e bassi causati dai conflitti e dalle tensioni politiche. Ho sempre desiderato una vita stabile e prevedibile, ma la storia ha dimostrato che i periodi di tranquillità sono spesso interrotti da turbolenze improvvise, proprio come un giro sulle montagne russe.
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Benvenuti, mi chiamo Veronica Petinardi, sono nata a Praga e anche se scrivo in italiano mi sono tenuta il mio “accento di lingua madre”. Pubblico articoli, narrativa e manuali sul sito Parole di legami. La mia specialità sono le parole, scrittura è la mia passione.